PENSIERI E SCRITTI DI DON GIULIO FAZIO TRATTI DAL LIBRO DI FRANCO FALVO: DON GIULIO FAZIO, PASTORE E POETA DELLA QUOTIDIANITA’
1° novembre 1961. Festa di tutti i Santi. Vestizione dei nuovi alunni. Quasi due anni, Signore, son passati dacchè, abbandonando l’abito secolare, mi sono investito della sacra divisa. Posso veramente dire di essermi svestito dell’uomo vecchio?
Disciplina, morte a me stesso e al mondo, candore dell’anima, significato del colletto, sottana, sono stati grida al mio lavoro di formazione al Sacerdozio?
Ed ancora: nemmeno un anno è passato dacchè con la Sacra Tonaca sono entrato a far parte del clero. Posso dire che “ domini pars eta” sia stato veramente il motto delle mie azioni?
Perdona, Gesù, le mie infedeltà. Perdonami. Ho scelto la beatitudine: “beati qui lugent” come programma di questo mese. Beati quelli che piangono per il tempo dietro alla vanità del mondo ed al peccato. Vorrò essere più mortificato in tutto.
Lunedì 27 novembre 1961. Una sola cosa massimamente importa: la salvezza della nostra anima. Ognuno deve pensare da se. Se manca la nostra preoccupazione a nulla gioverà quella degli altri per noi. L’unico affare di grande importanza che mi convince profondamente di questa verità. Tutto il resto è secondario.
(Fintantochè non ci si è dato totalmente al signore i dubbi e le incertezze ci sono, permangono, aumentano. Quanto più ci si dà a Lui, tanto più si acquista in serenità, certezza, gioia di non appartenersi più).
PAESE SPERDUTO
Sul cocuzzolo
di una collina
tappezzata di verde
si perde
un paese,
chiuso fra una catena
di alture.
Io lo vedo
da un luogo elevato
stare come se assorto in preghiera
in un silenzio sepolcrale
che fa male
a me che lo guardo.
Paese scordato,
non pensato neppur dai vicini.
Il sole s’alza tardi
e tramonta non appena lo guardi
confortato almeno
dal chiarore del giorno.
Nessuno ti vede,
neppure dei vicini……
sol dall’alto qualcuno ti vede.
(15.02.1957)