CONSIDERAZIONI DI UN LETTORE SUL RELAX GARDEN CHE DOVRA’ SORGERE

CONSIDERAZIONI DI UN LETTORE SUL RELAX GARDEN CHE DOVRA’ SORGERE

CORBEZZOLO

CORBEZZOLO

Nei giorni scorsi un nostro lettore, Alessandro Mantuano,  ha inviato alla redazione del sito alcune  considerazioni  personali sull’area dove dovrà sorgere il “relax garden” appaltato qualche settimana fa dal Comune di Feroleto Antico e i cui lavori dovrebbero iniziare con l’arrivo della bella stagione.Considerata l’ottima descrizione dei luoghi e considerato che l’estensore  dello scritto propone alcuni suggerimenti ho pensato bene di riportare per intero quanto da lui  scritto ringraziandolo per la sua assiduità nel seguirci e nel contribuire, con le sue idee, ad un dialogo costruttivo.

ALCUNI SUGGERIMENTI PER FAR RIVIVERE UN LUOGO 

 “Case, muri, gradinate di viti, sentieri, coltivazioni e terrazze, è tutto nè vecchio nè nuovo, tutto appare non come qualcosa di elaborato, di sofisticato e carpito alla natura, ma originato come roccia, albero e muschio. Muro della vigna, casa e tetto sono costruiti con la stessa pietra bruna, tutto armonizza fraternamente. Non c’è niente che produce un effetto di estraneità, di discordia o di costrizione, tutto appare familiare, sereno, armonioso.

Hermann Hesse, Storie di vagabondaggio

 

 

IL LUOGO INTERESSATO AI LAVORI

IL LUOGO INTERESSATO AI LAVORI

In una news del novembre scorso Franco Falvo ci informava della prevista realizzazione ad opera del Comune di un relax garden a Feroleto Antico indicando in modo generico, “in prossimità della piazza”, il luogo interessato dall’ intervento. Il relax garden dovrebbe infatti sorgere sulla porzione di una pendice di un fosso, privo di nome sulla carta corografica dell’IGM (in scala 1:25.000), percorso da un torrentello che più in basso confluisce nel fosso Panaduso che a sua volta alimenta il fosso Montagnola Verre Badia. Vi si accede, a piedi, da un sentierino che scende ripidamente dalla strada principale del paese e posto dopo alcune decine di metri dal bagolaro della piazza.

Mi sono chiesto  quale sia il suo nome o meglio il suo toponimo; perchè c’è stato un tempo in cui tutti i luoghi vissuti dagli uomini avevano un nome.

Osservandolo dall’alto si può  immaginare ciò che è stato in passato, prima del suo abbandono perchè magari i proprietari sono morti o sono emigrati. Come in tutti luoghi abbandonati anche qui tutto è già accaduto. Si vede l’intervento dell’uomo: muri a secco che contengono i terrazzamenti alla base della pendice, quindi alberi da frutto soprattutto di agrumi; una grande vasca in cemento, ora priva di acqua, ci ricorda che un tempo fiorenti orti ricoprivano il suolo; mentre nei punti più acclivi, evidentemente non coltivati dall’uomo, sono cresciuti spontaneamente bagolari, querce e arbusti della macchia mediterranea. Sul fondo scorre l’acqua che forma una cascatina nel punto più alto.

1970 PIAZZA MANGANI

1970 PIAZZA MANGANI

C’è stato  un tempo in cui uomini e donne si recavano quotidianamente in questo luogo rendendolo vivo con il loro lavoro e facendolo così “partecipare” alla vita quotidiana del paese.

Qui natura e cultura hanno convissuto per tanto tempo, tessendo l’invisibile trama in grado di dar vita all’identità estetica del luogo e cioè a quel concetto che in architettura è definito con l’espressione latina genius loci. Il genius loci rende un determinato luogo unico e diverso da qualsiasi altro, è ciò che ci accoglie e rende un luogo accogliente facendoci stare a nostro agio nel momento in cui siamo nel luogo; è ciò che ci rivela lo scrittore tedesco Hermann Hesse quando descrive una vecchia masseria, come riportato nella  citazione di apertura.

Il genius loci,  nel nostro caso, può svelare la vocazione del luogo. Capiamo che non ci troviamo difronte a uno spazio anonimo o una superficie da riempire con qualcosa che potrebbe andar bene in un qualsiasi altro contesto urbano. Sarà compito dell’architetto non tradire la vocazione di quel luogo.

I vecchi alberi da frutto, se ormai rinsecchiti, dovranno essere sostituiti con le identiche essenze, evitando di piantumare palme, eucaliptus o altre specie esotiche e non adatte al contesto; si potrebbero quindi mettere a dimora aranci,  mandarini, limoni, melograni e creare delle siepi con le tipiche piante di macchia mediterranea e cioè corbezzolo, ginestra, lentisco, mirto, biancospino, ligustro, visciolo, ecc. che attireranno con i loro frutti invernali la piccola avifauna. Si dovranno risistemare e mantenere i vecchi muretti a secco utilizzando le stesse pietre. Si dovrà evitare la messa in opera di manufatti in cemento.

Si potrebbe dare la possibilità a chiunque di metter sù e coltivare un piccolo orto: come avviene in certi parchi di grandi città dove i cittadini del quartiere possono, pagando una piccola somma annuale, prendersi cura del proprio orticello. Nell’operazione inoltre potrebbero essere coinvolti gli anziani della casa di riposo, ovviamente quelli che non hanno problemi di mobilità, o i bambini del vicino istituto comprensivo don Giulio Fazio sotto la guida dell’insegnante di scienze naturali.

Sono certe le conseguenze benefiche nei confronti delle persone di tutte le età che dedicano una parte della giornata a coltivare un orto facendo così, consapevolmente o meno, orticoltura terapeutica o ortoterapia. Attività che in alcuni Paesi è svolta anche per curare particolari disabilità o semplici situazioni di disagio tipiche della nostra era (stress, depressione, ansia, senso di inutilità personale, dipendenze).

I bambini dell’Istituto potrebbero essere invitati a conoscere e ad apprezzare la flora mediterranea o i frutti della terra coltivati o a praticare il birdwatching e cioè l’osservazione degli uccelli in natura. Si potrebbe poi raccontare loro quello che un tempo si faceva lì.

Sarebbe bello se tutto questo potesse accadere, permettendo al luogo di tornare ad essere veramente vivo e in relazione con gli abitanti del paese. Così il luogo potrà rinascere e ritornare ad avere un senso. “

                                                                                                  Alessandro Mantuano

 p.s.: per chi volesse approfondire l’argomento sul genius loci, al quale ho appena accennato, consiglio la lettura di un piccolo ma prezioso libro di Francesco Bevilacqua: Genius Loci. Il dio dei luoghi perduti , Rubbettino, 2012.

 

 

Franco Falvo

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