Paese, mio caro paese,
sei tu, il mio ricordo più caro.
Di te, sdraiato sul letto,
ricordo le strade tortuose
e le lunghe passeggiate solitarie
nelle notti stellate:
era d’agosto.
Ricordo il mattin seguente
e lo squillo delle sveglie
in tutte le case:
bisogna andare
diceva quel suono,
è ora di lavorare.
Ricordo l’odore del caffè nei bar
e lo sparlar delle donne
nella piccola piazza,
poi l’urlo di un venditore ambulante
e il tocco della campana che chiama.
Ricordo l’odore del pane
e il panettiere
che come un uccel notturno
al canto del gallo
va a riposare.
Ricordo i pomeriggi afosi
e i giochi di un bimbo,
il sudore che gli grondava dalla fronte.
Poi, il richiamo della madre.
Ma il ricordo lentamente sbiadisce
e al mio cuore
sopraggiunge uno strano dolore:
la certezza
che quegli attimi
non tornano più.
(Franco Falvo)